Le Tarantate di Galatina e la Festa di San Pietro e Paolo

Tarantate a Galatina

 

A Galatina ogni anno nella notte tra il 28 e il 29 giugno si svolgono i festeggiamenti in piazza davanti alla chiesa Madre per San Paolo, protettore delle Tarantate o Tarantolate.

Nella cappella di San Paolo “le tarantate” venivano portate, il 29 giugno di ogni anno, per bere l’acqua del pozzo, in modo da ritrovare la guarigione.

Chi erano le Tarantate?

La leggenda narra che gli Apostoli Pietro e Paolo, durante il loro viaggio in giro per il mondo, si fermarono a Galatina e furono ospitati da un pio galatinese nella propria dimora, che sorgeva dove oggi si trova la Cappella.

Per ringraziarlo della cortese ospitalità, San Paolo conferì all’uomo e ai suoi discendenti il potere di guarire tutti coloro che fossero stati morsi dai ragni velenosi, definiti in dialetto “tarante”.

Semplicemente bevendo l’acqua del pozzo, posto all’interno della casa e facendo il segno della croce sulla ferita, si poteva sconfiggere questa brutale malattia.

Video della Tarantata, che ha bevuto l’acqua del pozzo di San Paolo

 

Proprio alla figura di San Paolo e a questa leggenda è legata la festa tenuta il 29 giugno nella città di Galatina.

In antichità, in questa data si procedeva ad eseguire un rito esorcistico che coinvolgeva le Tarantate o tarantolate, e tutti coloro che erano in forte stato delirante (giovani donne e nubili, per lo più) in seguito al morso della Taranta.

Pare che il morso di uno di questi ragni sarebbe in grado di procurare nel malcapitato una forma di malessere diffusa, con forti spasmi muscolari.

Questo fenomeno, conosciuto nel Regno di Napoli con il termine di Tarantismo, era considerato una vera e propria patologia anche se nel corso del tempo si è trasformato in una forma di isteria collettiva, misteriosa quanto impressionante.

Il rito iniziava nella abitazione delle malcapitate che, generalmente, erano accerchiate da musicisti provvisti di tamburelli, violini, armoniche e organetti.

Al ritmo incalzante di questi suoni (i brani di “Pizzica-Pizzica” o “Pizzica-Tarantata”), le donne tarantate si lasciavano andare in un ballo frenetico e convulso, caratterizzato da veri e propri spasmi.

La tappa finale dell’esorcismo, invece, avveniva proprio nella Cappella di San Paolo, dove si invocava, con canzoni e preghiere, la grazia del Santo.

Si racconta che, solo dopo aver bevuto l’acqua miracolosa e aver vomitato nel pozzo, la grazia si poteva ritenere ottenuta.

 

 

 

 

La sera del 28 Giugno e del 29 si verifica un raduno spontaneo di tamburellisti, presso la piccola cappella di San Paolo protettore delle tarantate.

Questa antica tradizione porta i “pizzicati salentini” a ritrovarsi nella piazza di Galatina, dove  si riuniscono e si ritrovano in concerti di musica popolare, danze e ronde di pizzica, con i tamburellisti.

La “pizzica” ha dunque origini galatinesi e proprio in questa terra e con vanto ogni anno si celebra la “Pizzica da non confondere con la Taranta” con la dovuta enfasi e col meritato rispetto.

La differenza fra la “Pizzica” e la “Taranta”

L’antico rito di liberazione dagli effetti letali del morso della taranta cominciava con la musica di un tamburello che accompagnava il ritmo di una danza sfrenata durante la quale la donna si dimenava scompostamente e rotolava per terra.

La tradizione orale pervenuta fino a noi ci racconta che accadeva che le “tarantate“, dopo essere state morse da uno di questi ragni, entravano in uno stato di confusione e agitazione o piombavano nella depressione, dal cui torpore si destavano solo al suono di una musica che le costringeva a ballare convulsamente, rotolandosi e contorcendosi per terra, arrampicandosi sui muri.

Con “la pizzica”, mimando la danza della taranta, nella quale si identificavano per portarla allo sfinimento e alla morte, le donne, perdendo la propria identità, si potevano liberare dal veleno e guarire dal morso.

Nel quadrato magico delimitato da un lenzuolo bianco veniva fatta distendere la malcapitata in veste bianca mentre i musicisti intonano le vibranti melodie, fondendo insieme i suoni di violino, fisarmonica, chitarra e tamburello in un ritmo sempre crescente.

La Tarantata quasi in uno stato di possessione demoniaca, danza in un ritmo frenetico e intenso con dei nastri di uguale colore (le “zacareddhre”) sui quali esalare il proprio malessere.

La terapia coreutica prosegue fino a quanto i suonatori non sono più in grado di suonare, oppure fino a quando San Paolo, invocato dalla stessa tarantata, non decida di intervenire per concedere la grazia della purificazione.

L’esorcismo, quindi, si concludeva con il pellegrinaggio a Galatina, dove davanti alla chiesetta di San Paolo il rituale si ripeteva, richiamando folle di curiosi.

 

 

Ancora oggi questo rituale, anche se solo per rappresentazione coreografica, si ripete al ritmo dei tamburelli e la giovane che si dimena altro non fa che sentirsi coinvolta e avvolta dal suono così ripetitivo e frastornante da farla impazzire e successivamente cadere a terra per sfinimento.

Succede come accadeva una volta, quando un’orchestrina venuta da Nardo’ e guidata dal celebre maestro Luigi Stifani, suonava canzoni di pizzica più popolari, come ad esempio: “Santu Paulu meu te le tarante

la canzone “Santu Paulu meu te le Tarante”

 

Questo viaggio nella Cappella di San Paolo, rappresenta un mistero di un pellegrinaggio tra sacro e profano.

La chiesetta di San Paolo a Galatina, e la Chiesa Matrice, dedicata ai Patroni Santi Pietro e Paolo, è stata dal medioevo e sino alla fine degli anni ’50 del XX secolo, teatro di fenomeni misteriosi legati al “tarantismo“.

il museo del Tarantismo a Galatina

 

Video delle Tarantate di Galatina