Nostra Signora dei Turchi e la vita di Carmelo Bene
Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene nasce a Campi Salentina, in provincia di Lecce, l’1 settembre del 1937.
Nel 1957, dopo un solo anno di frequenza, abbandona gli studi nell’Accademia di Arte Drammatica.
In questo episodio è possibile intravedere l’incompatibilità fra l’idea classica di teatro e la “distruzione” che di questa idea Bene ha portato avanti nelle sue rappresentazioni.
Le opere e la poetica abbracciano quasi quarant’anni di attività dell’autore, dal 1959 fino al 2002.
Controversa figura è stato sicuramente uno dei più grandi attori del Novecento.
Il suo operare si rivolge contro il naturalismo e la drammaturgia borghese, contro la classica visione del teatro.
L’attore stesso, con la scrittura di scena, fa teatro “hic et nunc”.
Nel suo teatro l’Attore è l’Artefice di tutto, si definiva una ” macchina attoriale” una sorta di fusione tra macchina e attore dove l’amplificazione è un’estensione organica del ventaglio timbrico e tonale della voce.
Buona parte delle sue opere le possiamo trovare in un volume unico dal titolo Opere, con l’Autografia di un ritratto, nella collana dei Classici Bompiani.
Trama del Film “Nostra Signora dei Turchi”
Nelle immagini vi mostriamo lo storico primo film di Carmelo Bene: Nostra Signora dei Turchi (1968).
Seguendo un collegamento ambivalente e poi profetico della vicenda della strage degli 800 martiri a Otranto ad opera dei turchi, Carmelo Bene, nei panni di un uomo salentino, ripercorre un proprio cammino interiore.
La sua filosofia che spiegherà in un monologo fuori campo, come del resto fa in tutto il film, consiste nel manifestare il proprio essere interiore distrutto e deturpato da forze esterne.
Tramite la mediocrità più assoluta e il rifiuto anticonformista della salvezza e degli aiuti esterni, Carmelo Bene nelle vesti del personaggio salentino arriva a compiere il suo dovere, autodistruggendosi.
Ma l’invettiva lanciata da lui non è solo contro il proprio ego, bensì contro anche quelle forze che hanno contribuito a renderlo insulso e sofferente.
In questo suo primo lungometraggio si sente fortemente l’influsso dell’Ulisse di James Joyce dove l’invisibile è più forte del visibile.
Non si può seguire il filo di una trama, le cose che precedono vengono smentite dalle successive e ci si ritrova senza un passato o agganci ad una situazione presente.
E’ una non – storia che gira su se stessa senza inizio ne fine.
La solitudine nel monologo dei personaggi, che non sembrano avere relazione fra loro, si avverte nello sfilacciamento della trama.
La scena iniziale si apre in uno sfondo buio dove inizia a prendere forma con inquadrature sempre più nitide e spericolate il palazzo muresco.
La musica sinfonica è tratta da “Una notte sul Monte Calvo” del compositore russo Mussorgsky.
Su questo scenario l’autore cita il tristo evento della presa di Otranto da parte dei turchi.
Si rivede così in un’altra vita proprio 500 anni fa, quando scampò all’eccidio avvertendo lo scampato martirio come una umiliazione.
Vistosi alla fine pensò di invocare Santa Margherita.
Si succedono velocissime sequenze alternate del palazzo moresco con interni della cripta della cattedrale di Otranto, dove vengono inquadrate le ossa dei martiri.
La trasformazione simbolica del palazzo moresco, inizialmente divenuto quartier generale dei turchi durante l’assedio e poi ritornato in possesso dei suoi vecchi padroni ha fatto sì che il protagonista, così come il palazzo stesso ne uscì profondamente travagliato.
Da qui ha inizio il viaggio nell’anima del protagonista segnata profondamente da un senso di impotenza che lo porta volutamente ad apparire mediocre e reietto.
Ricordi e ossessioni di un intellettuale salentino, vissuto a Otranto, in provincia Lecce che riporta alla luce varie immagini del barocco leccese nella fine degli anni ’60.
E’ un film geniale interpretato da un genio immortale.
“Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna¦
Io sono un cretino che la Madonna non l’hai vista mai.
Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla”