Per chi giunge nel Salento, che sia un appassionato d’arte o meno, tappa doverosa è sicuramente una visita alla Basilica di Santa Croce, nel bellissimo centro storico di Lecce, noto come “la Firenze del Sud“, per la ricchezza e la bellezza dei suoi monumenti.
Qui i resti messapici e romani si mescolano, infatti, alla ricchezza e all’esuberanza del barocco, dando origine a chiese e palazzi magnifici, resi unici nel loro genere dalla tipica pietra leccese.
Un esempio di barocco leccese è la bellissima Basilica di Santa Croce, in via Umberto I, che insieme all’adiacente Convento dei Celestini, costituisce la rappresentazione più cospicua del Barocco leccese, rispetto agli altri monumenti della città di Lecce, grazie alla ricchezza decorativa della facciata, e per la fantasia ornamentale.
Video della Basilica di Santa Croce a Lecce
Storia della Basilica di Santa Croce a Lecce
I lavori di costruzione della basilica, anche se il progetto originale prevedeva solo la costruzione di un monastero, cominciarono nel 1353, per volere di Gualtiero de Brienne, conte di Lecce.
Per rendere disponibile il terreno su cui sarebbe sorta la Basilica vennero confiscate case e proprietà appartenenti agli Ebrei, che vennero cacciati dalla città nel 1510, così come avvenne in molti altri comuni del Salento in cui si insediarono numerosi.
I lavori di costruzione della Basilica proseguirono per circa due secoli e videro partecipi gli architetti cittadini più illustri dell’epoca.
Durante la prima fase della costruzione, che cominciò nel 1549 ed ebbe fine nel 1952, venne edificata la parte inferiore della facciata.
La cupola invece fu completata nel 1590.
I lavori ripresero poi nel 1606, anno in cui venne completata la facciata con i tre portali decorati.
Descrizione della Chiesa di Santa Croce a Lecce
Nella parte superiore della facciata, subito dopo la trabeazione, una fila di cariatidi sorregge la balaustra decorata con tredici putti abbracciati, simbolo del potere temporale e spirituale della Chiesa Cattolica, mentre ai lati estremi si ammirano le statue della Fede e della Carità.
L’elemento di maggior valore è il raffinato rosone barocco, tra i più notevoli, raffinati ed eleganti che la storia dell’arte moderna possa ricordare.
Il rosone, un insieme di foglie d’acanto e cerchi decorati finemente, è incorniciato da due colonne corinzie e affiancato da nicchie con le statue di San Benedetto e San Celestino.
A sinistra del rosone si nota l’autoritratto di Antonio Zimbalo.
Agli estremi, a chiudere il profilo del secondo ordine, si innalzano due grandi statue femminili, simboleggianti la Fede e la Fortezza.
Il timpano, col trionfo della Croce al centro, chiude superiormente la facciata.
La facciata raffigura il trionfo del Vessillo della Croce, con un singolare richiamo all’esaltazione del sacro legno, la cui reliquia è conservata all’altare del transetto sinistro.
Nel complesso, le trionfali decorazioni del frontale di Santa Croce sono l’interpretazione figurativa mai banale e scontata di elementi simbolici ben precisi come: fiamme, leoni, pellicani, melograni, che si combinano in un disegno morbido e lieve capace di accostare senza sforzo immagini pagane e cristiane, alternate a fiori, festoni, animali, angeli, insegne, stemmi e le sfere con la croce.
L’interno, costruito a croce latina, inizialmente era suddiviso in in cinque navate, due delle quali furono successivamente destinate a cappelle laterali.
Un soffitto ligneo a cassettoni dorati, rifatto nell’Ottocento, copre la navata centrale e presenta al centro, sormontata dagli stemmi di Celestino a sinistra e dell’ordine dei Celestini, la tela della.
Le volte delle navate sono sostenute da ben 18 colonne e nel quadrivio di intersezione dei due bracci della croce si innalza un’alta cupola decorata con festoni di foglie d’acanto, angioletti e motivi floreali.
Incamminandosi verso l’abside si possono contare ben 17 altari con diverse raffigurazioni religiose comprendenti effigi di vari Santi, della Natività e della Madonna di Costantinopoli.
L’altare maggiore è incorniciato in un portale decorato, sormontato dallo stemma della famiglia Adorni che utilizzava la basilica come luogo di sepoltura per i suoi appartenenti.
Alla sua sinistra invece sorge il monumento funebre a Mauro Leopardo, abate del convento dei Celestini, adiacente la basilica ed ora sede di uffici pubblici.
Lungo le navate si aprono sette profonde cappelle per lato, al cui interno si trovano splendidi altari riccamente decorati.
Complessivamente la chiesa accoglie sedici altari barocchi.
L’altare centrale in marmo, molto semplice, proviene dalla chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo.
L’altare più interessante è quello di San Francesco da Paola, nel transetto di sinistra, opera di Francesco Antonio Zimbalo.
Attraverso una serie di pannelli, vengono narrati alcuni episodi della vita del Santo e alcune scene della presa di Otranto.
Nel transetto di destra vi è l’altare del Crocefisso di Cesare Penna.
Lungo la navata destra si aprono sei cappelle con gli altari dell’Apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Alacoque, di Sant’Oronzo, di San Filippo Neri, di san Michele Arcangelo, della Natività del Signore e di Sant’Antonio da Padova.
In quest’ultima cappella è conservato un cinquecentesco affresco della Madonna di Costantinopoli.
Le faccine di Santa Croce
La curiosità di Santa Croce si nasconde proprio nella suo ricco ed elaborato rosone centrale, sul quale fanno capolino alcuni volti dagli elementi ornamentali, confondendosi tra i fiori, i frutti, i tralci vegetali.
Sono le cosiddette faccine di Santa Croce: un uomo con un grosso nasone, rivolto verso sinistra, è forse quello più visibile.
Si trova immediatamente a sinistra del rosone centrale.
Lo stesso volto, che sembra ora guardare verso l’alto, appare dall’altra parte, a destra del rosone, nella stessa posizione.
Una seconda faccia munita di barba e baffi è collocata in alto a destra del rosone, proprio davanti al leone che regge il cartiglio con scolpite le cifre 46.
Altri volti, in alcuni casi con tratti poco umani si possono scoprire osservando con attenzione, e con la luce giusta, l’intricata decorazione.
Sembra che questi personaggi che hanno voluto lasciare i propri tratti impressi nella pietra di una delle chiese più importanti del Salento siano proprio autori di questa splendida decorazione.
Si dice allora che il personaggio dal grosso nasone sia proprio Cesare Penna, l’autore del rosone, mentre il volto con la barba sarebbe francesco Antonio Zimbalo.
Sembra proprio che questo sia stato il loro modo originale di firmare la loro splendida opera.